MenuPagine

Benvenuti alla Scala dei Santi

EOLP - EuropeanOpenLearning Publisher
Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

mercoledì 24 settembre 2014

ESISTE DIO?

    
   Nei giorni passati i giornali hanno pubblicato una notizia che forse ha lasciato perplesso qualche lettore. L’Arcivescovo di Westminster Justin Welby avrebbe dichiarato che a volte dubita dell’esistenza di Dio. Chi ha diffuso la notizia pensava certamente di fare uno scoop. 
Se il capo della Chiesa Anglicana nutre dubbi di questo tipo non c’è da meravigliarsi se i fedeli, già poco propensi a credere, abbandonano la fede per seguire idee più consone alla mentalità moderna, libera da pregiudizi ereditati da un passato bigotto e credulone.
      Leggendo tutta la notizia, si veniva a sapere che i dubbi erano formulati come una domanda retorica che l’illustre Arcivescovo si poneva di fronte a situazioni drammatiche, sentite da un credente come una sfida alla propria fede. In pratica erano le stesse domande che ognuno di noi si fa quando capita qualche disastro naturale o qualche strage dovuta alla malvagità umana. La stessa domanda che è nata nella coscienza di molti di fronte alla Shoa o quando ai giorni nostri assistiamo al massacro di intere popolazioni o allo sgozzamento spettacolarizzato di vittime inermi.
La domanda è sempre la stessa, di una semplicità disarmante: “Dov’è Dio? Perché non interviene ad impedire questi orrendi crimini? Perché permette i terremoti o gli tsunami?”.
Una domanda che ricorre sovente nelle pagine bibliche sulla bocca di tanti personaggi che non riescono a capacitarsi dei mali che li colpiscono come individui e come popolo. È il grido di protesta di Giobbe, di Geremia e di tanti che si rivolgono a Dio anche con espressioni violente che ci lasciano sconcertati. Se nella Bibbia, considerata dai credenti il testo su cui fondano la propria fede, si trovano espressioni simili non c’è da meravigliarsi che il ripetersi delle sciagure porti con sé anche oggi gli stessi interrogativi angosciosi degli autori biblici.

TUTTO NASCE DA UN EQUIVOCO
L’equivoco è dovuto al fatto che si fa confusione con due coppie di verbi usati per descrivere il comportamento che ci aspettiamo da Dio. I verbi in questione sono:
proibire – impedire
proporre – imporre

Nella Bibbia Dio è presentato come un padre che insegna ai figli il modo di vivere felici. Mette in guardia dai pericoli derivanti da scelte sbagliate e suggerisce cosa fare per ottenere i risultati migliori. Secondo le norme scoperte dalla moderna pedagogia, Dio aiuta i figli a crescere con le proprie forze, a maturare le proprie capacità. Non vuole sostituirsi ad essi ma li affianca nella fatica, li sostiene, li incoraggia, li aiuta a capire rispettando la loro libertà e la loro dignità. È un rischio, ma Dio lo accetta. È una sfida, e Dio la raccoglie.
La riflessione biblica ha letto in questa prospettiva il rapporto tra Dio e Adam (cioè l’Umanità) a cui è indicato ciò che è bene e ciò che è male, lasciando però all’uomo la scelta. Se l’uomo sa come stanno le cose e compie le proprie scelte deve anche accettare le conseguenze che ne derivano. Dio ha fatto la propria parte, l’uomo deve fare altrettanto. Il rischio è duplice e carico di conseguenze, ma permette all’uomo di realizzare in pieno quella somiglianza con Dio che l’autore del primo capitolo del libro della Genesi presenta come l’intenzione del Creatore nel dare la vita all’Adam.
La Bibbia descrive la volontà di Dio servendosi prevalentemente dei due primi verbi: proibire e proporre. Solo in pochi casi ricorre all’immagine di uno che impedisce qualcosa o che costringe qualcuno ad agire contro voglia. Però, di fronte agli eventi drammatici della vita, gli uomini hanno preferito usare gli altri due: impedire e imporre, scaricando così su Dio le responsabilità di tutto ciò che andava storto nell’esistenza umana.
Da questo equivoco nascono le domande angoscianti “Perché Dio non impedisce il male? Perché non impone a tutti un comportamento corretto?”. A questo punto la risposta è chiara, anche se difficile da accettare a livello emotivo: “Dio non interviene perché non è compito suo!”. Lui ha fatto la sua parte e proprio perché ci ritiene capaci di assumerci le nostre responsabilità rispetta le nostre decisioni. Anche se non le condivide.
E non si tratta di un insegnamento obsoleto dell’Antico Testamento superato da quello del vangelo. È l’atteggiamento tenuto dal padre nella tanto celebrata parabola del “figlio prodigo” che oggi va di moda indicare con il titolo di “padre misericordioso”. Un padre, però, che dà al figlio ciò che gli chiede anche se sa benissimo l’uso che ne farà. Ma non lo impedisce, anzi neppure lo avverte. Il figlio deve sapere come comportarsi.
Noi sappiamo come andrà a finire. Il fallimento della brutta avventura porterà ad una soluzione positiva. Ma quanto è costata, sia al figlio che al padre.
Ci piaccia o meno, è questo l’insegnamento che ci viene dalla Bibbia e deve essere sulla stessa linea anche il nostro modo di giudicare gli eventi. Lasciamo finalmente da parte l’immagine di un Dio tappabuchi impegnato a mettere le toppe ai disastri che noi combiniamo. Dio vuole trattare con persone responsabili, coscienti e libere. Non tratta con dei robot.  È sempre pronto ad accogliere anche chi ha sbagliato ma è disposto a riconoscere i propri errori.