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Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

giovedì 7 luglio 2016

GESÙ HA CAMBIATO IDEA?

DUE TESTI DI LUCA A CONFRONTO

Gesù ha cambiato idea?
     Forse lo ha pensato qualcuno dei fedeli presenti alla messa che ho celebrato  questa domenica 3 luglio, sentendo la lettura del brano di vangelo proposto dalla liturgia (Luca 10,1-12.17-20). Anche perché leggendo il vangelo ho dato particolare rilievo ai versetti 10-11 nei quali Gesù prevede il caso di una città che rifiuta di accogliere gli annunciatori del vangelo e ordina a questi come devono comportarsi, sia nel caso che vengano accolti come nel caso di un rifiuto. In questa seconda ipotesi, i discepoli devono scuotere ostentatamente la polvere dai sandali. Questo gesto equivale ad una condanna esplicita del comportamento tenuto dagli abitanti della città. Ma l’esecuzione della condanna è affidata alla giustizia divina, non ai discepoli, ed è rimandata a “quel giorno”, cioè al giudizio finale.

Ho evidenziato questo particolare perché, commentando il vangelo della domenica precedente, avevo lasciato senza risposta una domanda suscitata dal comportamento di Gesù. Il brano (Luca 9,51-62) proponeva un caso molto simile. Gesù aveva inviato i discepoli a preparare il suo arrivo in una città di samaritani, ma gli abitanti non avevano voluto accoglierlo. Due apostoli molto zelanti, avevano chiesto l’autorizzazione di invocare la punizione divina immediata per i colpevoli. Gesù aveva reagito in modo inaspettato perché, invece di condannare quelli che si erano opposti a lui aveva rimproverato i due apostoli che volevano difenderlo.

Si ha l’impressione che Gesù si dimostri indifferente verso i suoi oppositori e che sia interessato soltanto a garantirsi la possibilità di predicare. Infatti il racconto prosegue dicendo che si incamminarono verso un altro villaggio, come a dire che se si chiude una porta ce ne sono altre a cui bussare. L’attenzione viene portata sull’urgenza dell’annuncio che deve prevalere su ogni altra considerazione. Il compito affidato ai discepoli è mirato a preparare l’accoglienza del loro maestro. Invece la domanda dei due era fuori da questa prospettiva perciò non viene presa in considerazione da Gesù.

Punti di vista diversi
     I due racconti di Luca presentano molti elementi comuni ma si differenziano in tanti particolari. Nel primo caso si tratta della cronaca di un fatto incentrato sulla persona di Gesù; nel secondo caso Gesù delinea un programma che riguarda il futuro non solo immediato. L’orizzonte del primo racconto è limitato alla regione della Samaria; il secondo presuppone uno scenario universale indicato già dal numero dei discepoli (72 numero simbolico!) e dalla indeterminazione dei luoghi.

Nel brano di Luca 10 l’attenzione viene portata soprattutto sui comportamenti degli annunciatori e dei destinatari dell’annuncio. Ai primi si richiede un coinvolgimento completo nell’annuncio, ai secondi si prospettano due possibilità: una collaborazione diretta con gli inviati o almeno un’accoglienza generica. Se questa viene a mancare, gli inviati non possono rimanere indifferenti. Il loro intervento è presentato con tratti spettacolari che da una parte significano la dissociazione completa degli annunciatori da coloro che non li hanno accolti ma insieme sottolineano la grave responsabilità che questi si assumono.

Come si vede, non si tratta di un cambiamento di Gesù nella valutazione dei fatti, ma di un giudizio su due situazioni analoghe ma viste da due angolature differenti. In ambedue i casi viene evidenziato il tema della libertà dell’uomo nell’accogliere o rifiutare gli inviti di Dio insieme alla consapevolezza delle conseguenze che ne derivano.

La costruzione del regno di Dio è affidata ai discepoli che però devono confrontarsi con le situazioni concrete che non dipendono soltanto dal loro impegno. Coscienti di questa realtà non cederanno alla tentazione di imporre il regno di Dio con la violenza ma non si lasceranno nemmeno sopraffare dallo scoraggiamento e dalla sfiducia che portano all’ignavia e alla chiusura in un ghetto volontario.

I discepoli di Gesù devono trovare il giusto equilibrio tra le due posizioni contrapposte: entusiasmo fondato sui successi della predicazione e paura di dare le testimonianza della propria fede. Gli ultimi versetti del brano di Luca (10,17-20) presentano Gesù che, ancora una volta relativizza una situazione che poteva dar luogo ad equivoci. Egli frena gli apostoli che vantano i loro successi basandosi su aspetti secondari e indica quale deve essere il vero motivo della loro gioia: “i vostri nomi sono scritti nei cieli”.

Un programma sempre attuale
     Non si fa fatica a leggere queste pagine di vangelo e pensare alla situazione della Chiesa, quella del passato ma soprattutto quella di oggi. Senza scendere a troppi particolari, i discepoli non devono essere motivati da interessi personali, devono sentirsi liberi da qualsiasi legame di parentela o di amicizia. Devono accontentarsi di quanto è loro offerto da chi li ospita. Il loro è un precariato permanente fondato però sulla promessa che non mancherà mai nulla di ciò che è necessario alla vita. Avranno vitto e alloggio assicurato ma non dovranno ambire ad appartamenti sontuosi né a menu raffinati.

In modo insolito Gesù a questo punto si sente in dovere di dare una motivazione razionale, quasi una garanzia esigita dalla giustizia retributiva: “l’operaio ha diritto alla sua paga”: Sembra di sentire un sindacalista!

Inoltre, i discepoli non dovranno cercare ospitalità dove si sta meglio (“non passate di casa in casa…”) ma dovranno impegnarsi a comunicare a chi li ospita il bene che hanno ricevuto, la pace, cioè tutto ciò che rende la vita felice, a partire dall’amicizia con Dio.

È un progetto affascinante che può anche ottenere il consenso delle folle. Ma i discepoli non devono cadere nella trappola dei numeri, dei click su “mi piace”, degli applausi da concerti della band di successo. Si riempiono gli stadi e le piazze: ringraziamo Dio, ma non montiamoci la testa. Il regno di Dio è un’altra cosa. Anche Gesù ha avuto il suo bagno di folla esultante, ma sappiamo com’è andata a finire.

Il realismo di Gesù è sorprendente e potrebbe sembrare scoraggiante. Forse è per questo che il maestro si dilunga sul tema della responsabilità personale. Ai discepoli spetta il compito di annunciare il regno di Dio. Se lo fanno, nei debiti modi, hanno compiuto la loro missione e non hanno nulla da rimproverarsi.

Ma chi non accoglie il loro messaggio è responsabile delle proprie scelte e ne porterà le conseguenze drammatiche. Purtroppo queste coinvolgeranno colpevoli e innocenti. È accaduto in passato e continua ad accadere puntualmente anche al presente. Però ai discepoli fedeli Gesù rinnova la sua promessa: “i vostri nomi sono scritti nei cieli”.

Un’ultima osservazione che ci porta alla conclusione di questi due capitoli di Luca che leggeremo domenica prossima: la parabola che ha come protagonista esemplare un “samaritano”, uno di quelli che non avevano accolto Gesù e che i due discepoli volevano distruggere con i fulmini mandati da Dio. Gesù lo presenta come esempio per il suo comportamento verso chi aveva bisogno di aiuto.

Penso che ci sia molto da riflettere! Può essere utile rileggere il post del 16 marzo 2016
“Misericordia samaritana”