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Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

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venerdì 12 giugno 2015

PAROLE DI UOMINI E PAROLA DI DIO

A proposito di “matrimonio e gay”

PAROLE DI UOMINI E PAROLA DI DIO

In principio era la parola”. Incomincia così il vangelo di Giovanni che sembra l’eco della pagina iniziale della Bibbia nella quale Dio con poche parole dà origine all’universo. Nel secondo capitolo della Genesi è l’uomo stesso che assegna un nome agli animali, “e quello è il loro vero nome” commenta l’autore del racconto.
La lingua ebraica dà molta importanza al legame stretto tra la parola e l’oggetto che viene indicato. Anche i nomi delle persone non sono considerati tanto come segni di riconoscimento ma piuttosto come espressione del carattere o del compito che la persona deve svolgere nella vita del popolo.
       Nelle nostre lingue non sentiamo più questa identificazione tra parole e oggetti, il significato delle parole è ritenuto convenzionale, frutto di culture differenti. Una stessa parola può indicare realtà diverse a seconda del contesto linguistico e letterario in cui è inserita. Anche all’interno di una stessa lingua le parole possono essere collegate a cose o ad azioni che non hanno nulla in comune.

Un po’ di enigmistica
Se si vuole esemplificare, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Molti giochi enigmistici si fondano sul valore polisemantico di certi vocaboli. Pensiamo anche solo al termine “sale”: quanti significati può avere? Può indicare il cloruro di sodio oppure altri composti chimici. O può anche essere il plurale di “sala”, oppure la terza persona singolare del presente dal verbo “salire”.
Una trasmissione radio di questi giorni si intitola “610”ma letto: “Sei uno zero!” che potrebbe essere inteso come un insulto (“Non vali niente!”), ma che nell’intenzione degli autori vuole essere solo una battuta spiritosa.
Mi viene in mente la storiella che mi raccontava mia madre, di una sua amica che cercava di bloccare il cameriere ripetendo “Lì, Lì” mentre quello continuava a riempirle il piatto di spaghetti. Per la signora, “Lì” voleva dire “basta così” ma il cameriere (un “immigrato”…) pensava che volesse dire “mettine ancora lì, cioè nel piatto”.
Anni dopo ho sentito lo stesso racconto in chiave di lettura ebraica. Il solito protagonista anonimo, il solito ristorante, il solito cameriere (straniero, questa volta italiano), la solita invocazione accorata che in lingua ebraica suona “Dài”. Ma se in ebraico vuol dire “Basta così”, in italiano comunica il desiderio contrario di un affamato cronico che guarda torvo il cameriere che sembra misurargli il cibo con il bilancino.
Un’altra storiella che si racconta, riguarda un missionario nella selva amazzonica tra una popolazione di lingua quechua. Durante la celebrazione di un matrimonio tra due indigeni il missionario chiese ai due sposi di stringersi la mano destra. Momento di panico generale, mentre i due sposini imbarazzatissimi si esibivano in una manovra inconsueta e tutt’altro che semplice. Tutto finì in una risata generale quando si riuscì a capire che il missionario aveva scambiato le mani con i piedi.

Il “matrimonio” tra gay
La storiella mi introduce finalmente nell’argomento. È un tema insidioso e ci tengo a precisare subito che in questa sede mi interessa unicamente l’aspetto lessicale, come si poteva già dedurre dagli esempi portati all’inizio. Non voglio entrare in problemi di morale o di medicina, di cultura o di politica né di religione, perché sono come mine nascoste pronte ad esplodere se appena sfiorate. Correrò questo rischio perché mi sono sentito provocato dal clamore che si è levato a seguito del referendum svoltosi in Irlanda con il riconoscimento del “matrimonio” tra persone dello stesso sesso e con i dibattiti che ne sono seguiti.
Se non fosse ancora chiaro il mio punto di vista, preciso che la mia reazione ai commenti riguardanti quel voto rivoluzionario non è dovuta al riconoscimento di una condizione di vita, ma unicamente al fatto che per definirla si è usato un termine inadatto, cioè “matrimonio”. Per essere ancora più chiaro, si è incollata un’etichetta che presenta un prodotto diverso da quello contenuto nella scatola o nella bottiglia. In questa sede, ribadisco, non valuto la bontà del prodotto ma soltanto la corrispondenza tra la merce che viene offerta e le parole che me la presentano. Chiedo solo che non si metta l’etichetta “Barolo” su una bottiglia di “Brunello”: ottimi tutti e due, ma voglio sapere cosa mi offrono da bere.
Di fronte ai commenti trionfalistici di chi cantava vittoria, mi sono rivolto a chi conosce il significato e il valore delle parole meglio di quelli che le usano a vanvera o peggio ancora per mascherare un prodotto che inconsciamente sentono di qualità inferiore a quello indicato dall’etichetta con cui lo presentano.

Che cosa dice l’Accademia della Crusca?
E mi sono rivolto all’Accademia della Crusca per sapere che cosa trovo  nella scatola che porta l’etichetta “Matrimonio”. Nel caso più comune si tratta « di ‘unione di un uomo e di una donna che si impegnano, davanti a un’autorità civile o ecclesiastica, a una completa comunione di vita nel rispetto dei reciproci diritti e doveri’». Era proprio quello che pensavo. Ma c’è anche la possibilità che mi trovi di fronte alla stessa situazione vissuta però con una interpretazione religiosa. È quello che la fede della chiesa cattolica considera « ‘sacramento con cui si attribuisce carattere sacro all’unione di un uomo e di una donna’». Cambia la prospettiva ma la realtà di fondo è la stessa.
La terza possibilità presentata si stacca dal concreto per entrare nel mondo della fantasia, delle immagini, del “facciamo finta che” oppure del “più o meno come…”. Con termini tecnici la Crusca afferma: « il lemma può essere impiegato nel senso figurato di ‘unione, associazione di due elementi, strutture, organizzazioni e simili’». Questa è poesia, è arte. È come se nella scatola con l’etichetta “Frutta fresca” trovassi un dipinto dal titolo “Natura morta”. Potrà anche essere un bel quadro, potrà rappresentare frutti appetitosi, ma non corrisponde a quanto mi era promesso dalle parole che lo presentavano.
Passando poi all’etimologia del termine, l’Accademico della Crusca evidenziava giustamente la derivazione dal genitivo latino “matris” unito al termine “munus”, per cui l’origine del nome indica chiaramente che il matrimonio era considerato “il dovere della madre”, che non poteva essere tale senza la collaborazione del padre (“patrimonium”!).
Insomma, gira e rigira, si finiva sempre nel legame stretto con la funzione generativa che qualificava il matrimonio. Sarà anche antipatico e inviso a molti contemporanei, ma nella lingua italiana autentica, perché l’etichetta “matrimonio” non sia falsa deve essere applicata all’unione di un uomo e di una donna che si assumono determinati impegni di fronte ad una società che riconosce ai due, determinati doveri e diritti.
Nulla impedisce ad una qualsiasi società laica o religiosa di organizzarsi in modo autonomo, secondo criteri suggeriti dalla cultura, dall’ambiente, dalle mode, dai gusti condivisi dalla maggioranza dei componenti il gruppo sociale, e dare a strutture o aggregazioni particolari, norme di comportamento adeguate. A patto che non si bari e che si identifichi con un nome univoco ogni gruppo che desideri ottenere un riconoscimento ufficiale.
Come si vede, non si tratta di negare dei diritti discriminando le persone. Piuttosto si tratta di definire con chiarezza compiti e responsabilità di ognuno, cosa fondamentale per una convivenza sociale rispettosa dei diritti di tutti.

Vogliamo le etichette giuste
E allora, perché ostinarsi a definire matrimonio un rapporto tra persone che non corrisponde al significato che il termine ha nella nostra lingua? Un piccolo sforzo di fantasia, per favore! Gli intellettuali, i letterati, gli artisti. I cantanti, i giornalisti, i politici impegnati a far riconoscere diritti negati, inventino altre definizioni per indicare le diverse tipologie di unioni che vogliono difendere e penso che in questo modo riusciranno più facilmente ad ottenere quanto desiderano.
Si faccia un po’ di chiarezza nel linguaggio e tutto sarà più semplice. Sono così bravi ad organizzare cortei e manifestazioni colorate, ad inventare slogan originali e spiritosi. Perché si accaniscono per appropriarsi di una parola che non li definisce? Rispettosi delle libertà, come dicono di essere, lascino il termine “matrimonio” a chi si sente rappresentato da quel tipo di rapporto vecchio e superato e trovino altre definizioni che corrispondano alle novità che sono convinti di portare. Perché usare una terminologia antiquata quando urge una realtà così diversa che esige, come dicono, una mentalità totalmente differente?
Permettetemi un riferimento, che potrà anche sembrare irriverente. Parafrasando la battuta di Gesù riportata nei vangeli: “vino nuovo in otri nuovi”, si potrebbe dire: “per unioni nuove, etichette nuove”, per non creare confusioni e malintesi. Sapendo esattamente di che cosa si tratta sarà possibile anche mettersi d’accordo senza scomuniche reciproche, senza insultarsi compilando diagnosi di malattie vergognose a chi vuole vivere in modo diverso.
Il caso dell’Irlanda pone anche un altro problema: che cosa significa una maggioranza di opinioni? Anche in questo caso le parole dovrebbero dare la risposta. I sondaggi o i referendum ci offrono soltanto dei dati statistici su che cosa pensa la gente e su quali decisioni pratiche sono gradite ai cittadini.
Invece l’interpretazione comune dei risultati di consultazioni di questo tipo giunge subito ad una conclusione che va ben oltre il significato dei termini e si parla subito di “verità finalmente raggiunta”. Il che è un’affermazione chiaramente falsa, anche perché viene sbandierata quando i risultati confermano le proprie idee ma viene respinta quando sono in contrasto. In questo caso non si esita a parlare di “oscurantismo trionfante”, linguaggio caro agli specialisti dei due pesi e due misure.
Ma il tema è troppo importante e vorrei ritornarci su con calma. Per concludere, faccio solo una domanda: “Per quanti secoli la maggioranza (o la totalità) degli uomini ha affermato che il sole gira attorno alla terra?”. Era la verità?