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Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

venerdì 24 luglio 2015

RAGIONE VS FEDE?


RAGIONE VS FEDE?

 

 Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano”. Così leggiamo nel primo capitolo del libro della Sapienza che continua affermando che “Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità,  lo ha fatto immagine della propria natura” (Sapienza 1,13-14a. 2,23).

Il libro che contiene queste affermazioni così chiare fa parte della Bibbia ma non è accolto dagli Ebrei. Il motivo è semplice: gli Ebrei riconoscono soltanto come fondamento della loro fede i libri scritti in ebraico, ritenuto la lingua sacra. Il libro della Sapienza invece è stato scritto in greco e si trova nella raccolta di libri conosciuta come “Traduzione dei Settanta” (LXX).

Si tratta appunto di una traduzione in lingua greca di tutti i libri scritti in ebraico a cui sono stati aggiunti altri testi che sono pervenuti a noi soltanto in greco. I traduttori erano tutti ebrei e questo dimostra che nel secondo secolo prima della nostra era il mondo ebraico era attraversato da discussioni e dibattiti tra gruppi legati alle antiche tradizioni e gruppi aperti alle suggestioni provenienti dal mondo greco profondamente segnato dalle riflessioni della filosofia.

Non si trattava dunque solo di una questione di lingua. Era un modo nuovo di affrontare l’interpretazione della vita e di trovare risposte soddisfacenti alla necessità di dare un senso alle vicende umane. La cultura in cui affondava le radici la religione ebraica cercava queste risposte nella volontà divina, comunicata attraverso gli interventi dei profeti o mediante codici di leggi presentate come dettate dallo stesso dio nazionale per il bene dei suoi sudditi.

La Grecia condivideva questa mentalità, basti pensare ai vari oracoli che dispensavano responsi a nome di Apollo. Però grazie ai filosofi si era aperta la strada alla ricerca di senso basata sulle capacità umane più che su una rivelazione ricevuta da Dio. La sua stessa esistenza era raggiunta attraverso il ragionamento.

Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice”. “Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore” (Sapienza 13,1.5). I filosofi moderni contestano la validità questa impostazione logica. I filosofi greci la ritenevano soddisfacente e su di essa potevano dichiarare “irrazionale” la negazione della fede nell’esistenza di un Essere superiore.

Ma era considerato contrario alla ragione anche un comportamento diverso da quello derivante dalla conoscenza di Dio, considerato l’origine di tutte le realtà esistenti. L’affermazione “(Dio) infatti ha creato tutte le cose perché esistano” è frutto di un ragionamento basato sull’attività produttiva dell’uomo. Se è irrazionale produrre o costruire qualcosa per il gusto di distruggerlo anche Dio deve agire secondo lo stesso criterio che guida l’attività umana. Quindi se Dio comunica la vita non vuole la sua soppressione violenta e nemmeno condizioni tali da renderla precaria.

 

Ragione e fede a braccetto

Queste considerazioni non nascono dalla “rivelazione” di qualche principio sconosciuto che piove dall’alto ma sono frutto dell’attività che qualifica l’uomo e lo distingue da tutti gli altri esseri: l’intelligenza, la ragione, la libertà, la responsabilità delle proprie scelte. La Bibbia  in lingua greca ci presenta la stessa affermazione solenne “Dio ama la vita e non vuole la sua soppressione” raggiunta attraverso le due strade possibili: la rivelazione da parte dei profeti e la scoperta da parte della ragione.

I racconti della creazione del mondo contenuti nel libro della Genesi, scritti in ebraico, hanno le caratteristiche di una “rivelazione” dovuta all’iniziativa di Dio e offrono una visione positiva della vita, anche se offuscata da una realtà molto diversa con l’introduzione del tema della morte. Le riflessioni sulla vita assolutamente ottimistiche, pensate e scritte in greco, sono frutto della ricerca umana che conosce anche il fallimento. Sono le due strade che portano alla stessa conclusione.

La Bibbia ebraica contiene diversi testi che presentano insegnamenti per realizzare una vita felice senza ricorrere ad una rivelazione particolare per mezzo di profeti o di leggi specifiche: sono i cosiddetti libri Sapienziali. Però a differenza di quelli derivati dalla cultura greca, non fanno riferimento alla ragione ma all’esperienza quotidiana trasmessa dagli anziani. Alcuni capitoli del libro dei Proverbi (10-31) raccolgono considerazioni nate dall’osservazione di quanto accade nella banalità delle vicende umane descritte a volte con ironia e senso dell’umorismo (10,4-5.26; 11,22; 13,7; 14,4. 20; 15,15; 17,12.23.28; 19,6.24; 20,14; 21,9.19; 22,13; 23,29-35; 24,30-34; 25,14).

Purtroppo i testi biblici sono stati letti con il pregiudizio che dovessero sempre esprimere il carattere sacro che veniva loro attribuito, attraverso un linguaggio forbito, con concetti elevati garantiti dalla firma: “Parola di Dio” oppure “Oracolo del Signore”. In nome del rispetto verso Dio si è imposta una lettura seriosa del testo sacro che in realtà veniva tradito e mutilato, sottoposto ad una censura dettata dalla paura di affrontare la verità. Ringraziando Dio l’opera dei censori non si è spinta ad eliminare i testi giudicati “sconvenienti” che sono giunti a noi con la loro carica esplosiva che fa saltare ogni perbenismo culturale presentandoci la vita reale come capace di esprimere la valutazione che Dio dà del comportamento umano.

 

Il Dio della Bibbia vuole la vita

L’affermazione che Dio vuole la vita delle creature è fondamentale in tutta la Bibbia. E non si tratta di una vita stentata, ma vissuta nella sua pienezza. Le descrizioni che la presentano sono legate, com’è ovvio, all’ambiente particolare, alla cultura e alle abitudini molto diverse dalle nostre. Così il profeta Zaccaria immaginava una vita serena: “Così dice il Signore: Tornerò a Sion e dimorerò a Gerusalemme. Gerusalemme sarà chiamata “Città fedele” e il monte del Signore degli eserciti “Monte santo”. Così dice il Signore degli eserciti: Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità. Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze” (Zaccaria 8,4-5).

Chi ha visitato i paesi del Medio Oriente prima dell’invasione terroristica di questi ultimi anni, ricorderà certamente scene analoghe popolate di vecchi (mancavano le “vecchie”!) seduti lungo le strade a fumare il narghilè e frotte di bambini che giocavano spensierati. Questo era possibile perché c’era la pace che garantiva sicurezza anche se le condizioni di vita del popolo non erano certo quelle dei nababbi che governavano.

Altri libri della Bibbia descrivono particolari molto concreti che manifestano la volontà di Dio nei confronti del suo popolo. Il testo di Geremia 31,10-14 (che consiglio vivamente di leggere!) parla di ragazze che danzano felici, di giovani che fanno festa insieme ai vecchi, di cibo abbondante e di prima qualità (grano, mosto e olio, carni tenere) a disposizione di tutti. Però non è il paese di Bengodi, del piacere gratuito fine a se stesso. La vita felice è fondata sulla giustizia praticata dagli uomini ed è considerata dono di un Dio che non è geloso della felicità dei suoi figli (Geremia 31,20).  Questi giungeranno a condividere il suo stesso punto di vista (31,31-34) ed agiranno per convinzione personale e non costretti da un codice di leggi.

Evidentemente si parla di un mondo ideale la cui realizzazione sarà guidata da un personaggio che agirà in nome di Dio. Gli viene dato il nome di Messia (consacrato) che sottolinea il suo legame con Dio. La sua presenza futura è affermata con certezza anche se il tempo in cui il sogno si realizzerà rimane sconosciuto.

I cristiani hanno condiviso questa promessa e l’hanno vista realizzata in Gesù di Nazareth. Non si vede però ancora la sua realizzazione nella storia. Perciò è doveroso interrogarsi se i testi biblici che presentano questo tema sono stati letti e interpretati nel modo giusto. Di fronte alla concretezza sconcertante delle descrizioni di un mondo nuovo voluto da Dio, si è preferito rifugiarsi in interpretazioni spiritualiste che svuotavano di contenuto quella che si continuava a proclamare “parola di Dio” ma che si aveva paura di accettare nel suo reale contenuto. Le immagini di un benessere materiale sembravano indegne di un programma di vita proposto da Dio e perciò sono state trasformate in semplici simboli di realtà diverse proiettate in un mondo futuro.

Ma la Bibbia non è fatta solo di promesse che riguardano un futuro messianico di felicità e benessere. Troviamo anche descrizioni di situazioni che sembrano fotografate dal vivo. Tra i tanti testi ricordo solo come un servo di Abramo presenta il suo padrone: “Il Signore ha benedetto molto il mio padrone, che è diventato potente: gli ha concesso greggi e armenti, argento e oro, schiavi e schiave, cammelli e asini” (Genesi24,35).

Però si è preferito interpretare come un’utopia o, al massimo, come simboli di una realtà diversa le immagini di una vita serena, in cui ognuno ha il necessario per vivere felice in armonia con la natura e con gli altri esseri umani. Parole del tipo “grano, vino e olio” hanno finito per perdere il loro significato per indicare qualcos’altro non meglio identificato, come se fossero degli UFO. Pensare che Dio sia contento se le ragazze possono danzare felici o che non esistano più conflitti generazionali tra giovani e vecchi, o che tutti possano mangiare cibi di prima qualità continua a sembrare disdicevole anche se sottolineato da un solenne ”Oracolo del Signore” che conclude il testo di Geremia 31,10-14.

 

Dio parla attraverso la ragione

Ma quello che mi sembra particolarmente interessante nel testo del libro della Sapienza è il fatto che è stato scritto in lingua greca da un ebreo imbevuto della cultura del suo popolo ma anche conoscitore della mentalità greca. Se la cultura ebraica dava importanza all’insegnamento dei profeti che parlavano in nome di Dio, il mondo greco si fondava sulla capacità della ragione umana di conoscere il senso autentico delle cose e il valore della vita. Quello che l’ebreo raggiungeva attraverso una rivelazione profetica il greco lo otteneva usando la ragione.

Su questo tema sono stati scritti migliaia di libri e il dibattito tra gli studiosi continuerà ancora a lungo. Non ho la pretesa di aver scritto la parola fine. Mi sembra però di poter affermare che il Dio presentato nella Bibbia ama la vita nella sua pienezza, con tutte le manifestazioni gioiose che può offrire. Lo ha insegnato con una rivelazione esplicita e anche con la riflessione umana che non è in contrasto con la fede. Per usare un’immagine, è come una linea ferroviaria che è formata da due binari. O si mantengono sempre paralleli o portano alla catastrofe.

Sarebbe interessante anche una riflessione sul valore della vita a partire dalle suggestioni derivate dall’EXPO con le prospettive che apre. Non fanno pensare ad un possibile mondo messianico dove ci sia cibo per tutti e condizioni di pace e libertà? La Bibbia ci dice che è un sogno realizzabile, a patto che ci decidiamo davvero a costruirlo. È quello che Dio si aspetta da tutti noi: che amiamo la vita nella sua pienezza non per pochi privilegiati ma per tutti i suoi figli. Come non si stanca di ripetere papa Francesco.

A questo punto mi aspetto la solita obiezione: “Però la Bibbia è anche violenta perché racconta di guerre e massacri compiuti su ordine di Dio”. Sono abituato a sentirmelo dire e ho già risposto non so quante volte. Una delle ultime è stata su questo blog con un post dal titolo: “Ancora su Bibbia  e violenza” oppure ancheLa Bibbia è crudele”.

 

Giovanni Boggio