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Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

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giovedì 7 aprile 2016

IL VANGELO SECONDO MAOMETTO


IL VANGELO SECONDO MAOMETTO

(OVVERO IL VANGELO DI BARNABA)

È noto a tutti che nel Corano si parla ripetutamente di Gesù come anche di Maria. E se ne parla anche con una certa stima e simpatia, tanto che a volte questo atteggiamento benevolo viene portato come dimostrazione del carattere tollerante dell’Islam nei confronti di altre religioni.
      In certi ambienti cattolici si dà molta importanza a questo aspetto fino a considerarlo quasi un invito ad aprire un dialogo ecumenico perché basato su una piattaforma comune costituita dal testo dei vangeli, che sembrano condivisi.
      Ma se cerchiamo di ricostruire il ritratto di Gesù come è presentato nel Corano, ci accorgiamo che non corrisponde all’immagine che ci offrono i quattro vangeli. Non mi pongo il problema di quale delle due presentazioni sia quella vera. È una questione teologica che va affrontata ad un altro livello per cui si richiedono grandi competenze e capacità dialettiche. Questo compito è riservato agli esperti.
      Mi limito ad una lettura attenta all’aspetto letterario, al significato delle parole e delle immagini che suggeriscono. Nei quattro vangeli accettati dalle chiese cristiane Gesù si presenta come figlio di Dio, nato da Maria vergine, interprete autentico degli insegnamenti contenuti nei libri sacri della tradizione ebraica, operatore di guarigioni e di prodigi a dimostrazione della sua capacità di debellare i mali che affliggono l’umanità e di perdonare i peccati. Condannato ingiustamente a morte, viene inchiodato alla croce, deposto in un sepolcro ma si presenta ripetutamente vivo ai suoi discepoli dai quali si separa definitivamente per ritornare a Dio Padre che lo aveva inviato nel mondo come unico salvatore.
      Come si vede, anche se ridotto alle linee essenziali è un ritratto piuttosto complesso che però presenta un personaggio unico e irripetibile nella storia. Ribadisco, a scanso di equivoci, che non affronto il problema dell’esistenza storica di Gesù, su cui si fonda la mia fede. Mi fermo solo sul personaggio così come è presentato nei vangeli cristiani, perché voglio confrontare il suo ritratto con quello che si può ricostruire attraverso le decine di testi del Corano dove si parla di Isacioè Gesù.
       A partire dalla sura 3 che presenta la famiglia di Maria mescolando elementi presenti anche nel vangelo di Luca con altri ricavati da racconti di vangeli apocrifi (3,46  parlerà fin dalla culla come un adulto” cfr. 19,30; 3,49 “Creerò per voi con dell’argilla la figura di un uccello, vi soffierò sopra e, col permesso di Dio, diventerà un uccello vivo”), Maometto abbozza già un ritratto completo di Gesù dall’annunciazione (3,42-47) e dalla nascita (“sotto una palma” 19,22-26) fino all’ascensione, preceduta dalla morte (3,55).
        Proprio quest’ultima affermazione è in contrasto con quanto scritto in 4,157-158 testo che mi ha suggerito questo intervento motivato, come vedremo, dal “ritrovamento” di un altro vangelo, quello “di Barnaba”.
       Altri particolari della vita di Gesù (nella sura3) presentano elementi comuni con i racconti evangelici, come il riconoscimento dei miracoli e le “correzioni” ad alcuni precetti della Torah (3,49-51). Però proseguendo nella lettura troviamo anche affermazioni che minano alla base gli stessi insegnamenti attribuiti a Gesù e che costituiscono il centro della fede cristiana. Nella sura 43,59 è attribuita ad Allah questa dichiarazione: “In verità, Gesù non è che un nostro servo cui abbiamo accordato i nostri favori, facendone un esempio per i figli d’Israele”. Lo stesso concetto è espresso e sviluppato ampiamente da Gesù che risponderebbe a Dio che lo accusa di essersi proclamato dio insieme a sua madre, secondo il testo di 5,116-118.
      Anche i nostri bambini del catechismo saprebbero riconoscere che non è questa la Trinità presentata dalla fede cristiana. Forse però diventati adulti, a qualcuno si sono confuse un po’ le idee e potrebbe chiedere a Dio cosa c’è di strano nell’affermazione che Gesù rigetta tanto decisamente. Ma questa è una mia malignità.
      Quello che invece è evidente è la maledizione senza sconti a tutti quelli che affermano: “Il Messia, figlio di Maria, è Dio” (5,17.72). A questi, definiti miscredenti, è garantito il castigo eterno: “Chi adora altre divinità insieme a Dio, Dio gli chiuderà le porte del paradiso, sua dimora sarà il fuoco, e gli iniqui non troveranno chi li aiuti” (5,72).
      A questo punto è lecito chiedersi se, al di là del nome e di qualche particolare in comune, i due ritratti di Gesù si riferiscano effettivamente alla stessa persona. La caratteristica più tipica del Gesù dei vangeli (“Figlio di Dio”) è negata con forza dal personaggio che porta lo stesso nome nei racconti di Maometto.
      È questo l’argomento fondamentale ribadito nel Corano e che troverebbe la sua giustificazione proprio nel cosiddetto “vangelo di Barnaba” di cui si è tornati a parlare in questi giorni, grazie ad un “ritrovamento” che avrebbe sconvolto il Vaticano preoccupato delle conseguenze drammatiche prodotte dalla sua diffusione.
      Che il Vaticano abbia ragione di essere allarmato è evidente, ma di certo non per un testo riconosciuto dagli studiosi come opera di un falsario, oltre tutto maldestro, confezionato nel XIII secolo e noto da tempo in due o tre edizioni.
       Il motivo dell’interesse suscitato in questi giorni è da ricercare soprattutto nella corrispondenza quasi perfetta del testo coranico di 4,157-158 con la narrazione attribuita a Barnaba. Trascrivo la parte più significativa dei due versi del Corano: “Gli ebrei son davvero miscredenti! (…) e affermano: ‘Abbiamo ucciso il Messia, Gesù figlio di Maria, messaggero di Dio!’. In realtà non l’hanno né ucciso né crocifisso, ma qualcun altro fu reso ai loro occhi simile a lui. (…) In verità, essi non l’hanno ucciso, ma Dio lo ha innalzato a sé (,,,)”.
       Nel “vangelo di Barnaba” la scena è descritta con abbondanza di particolari pittoreschi. In breve, durante una riunione con gli apostoli Gesù sarebbe stato rapito da Dio attraverso una finestra e Giuda sarebbe stato trasformato assumendo in tutto, a sua insaputa, le fattezze di Gesù, riuscendo ad ingannare gli stessi ebrei nonostante le sue reiterate proteste. Così sulla croce sarebbe morto Giuda. È evidente che così viene meno l’affermazione della fede cristiana riguardante la redenzione ottenuta dal sacrificio di Cristo.
       Troppo forte per un islamico la tentazione di portare questo racconto come dimostrazione della fedeltà del Corano alla tradizione autentica dei vangeli, tanto più che nel testo attribuito a Barnaba lo stesso Gesù annuncia che verrà il vero profeta, confermando quanto è detto nel Corano 61,6: “(…) Gesù, figlio di Maria disse: ‘O figli d’Israele! In verità, io sono il messaggero di Dio, mandato a voi per confermare il Pentateuco rivelato prima di me e per dare il lieto annuncio di un messaggero che verrà dopo di me e che sarà chiamato Ahmad’ (…)”.
       Confesso che non avevo dato troppo peso a questi testi che consideravo del tutto improbabili. Tanto più che non li avevo ancora sentiti citare dai vari islamici intervenuti ai dibattiti né li avevo letti in modo esplicito nei commenti apparsi sulla stampa. Pensavo che fosse un argomento non più di moda proprio per la sua debolezza intrinseca.
       Ma qualche giorno fa mi è giunta una e-mail dall’Africa di un missionario che frequenta ambienti di giovani musulmani. Secondo la sua esperienza, il confronto con il vangelo fa parte degli argomenti che alimentano la polemica in atto con i cristiani. Ma attenzione! Non si tratta del “nostro vangelo” bensì proprio di quello di Barnaba che così è diventato non una piattaforma per il dialogo ma il terreno per uno scontro a cui noi cristiani non siamo preparati.
       Forse è proprio per questo che nei nostri ambienti si continua a parlare di “dialogo con l’Islam” con un’ostinazione degna di miglior causa. Almeno fino a che non si accetti di chiamare i riferimenti al vangelo presenti nel Corano con il loro vero nome: una bufala! Come dimostrato ampiamente dal “ritrovamento” del vangelo di Barnaba con la sua pretesa di legittimare le narrazioni coraniche trasformandole in pratica in un “vangelo secondo Maometto”.