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Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

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lunedì 2 marzo 2015

… MA GIONA NON È COSÌ


La Bibbia tradita dalla Liturgia?

… MA GIONA NON È COSÌ

La pagina dell’Antico Testamento proposta come prima lettura nella messa del mercoledì della prima settimana di Quaresima è tratta dal libro di Giona 3,1-10. Leggendo il racconto delimitato da questi versetti si rimane ammirati della prontezza dimostrata dal profeta nell’ubbidire al comando di Dio, della sua fedeltà nell’annunciare il messaggio che gli era stato affidato e della risposta immediata di tutti gli abitanti di Ninive all’invito alla conversione. Soprattutto è consolante e rassicurante l’affermazione del perdono concesso da Dio a quelli che nella cultura dell’epoca erano considerati il popolo più violento e crudele, gli Assiri che avevano come capitale del loro impero la grande città di Ninive.


I fedeli che hanno sentito leggere questo racconto e ne hanno compreso il messaggio certamente ne hanno ricavato un’impressione positiva sia nei confronti del profeta sia riguardo ai niniviti con la loro conversione tanto esemplare da essere portata come esempio da Gesù stesso, come si leggeva nella pagina evangelica letta subito dopo.

Il testo proposto dalla Liturgia è preso dal capitolo terzo del libro di Giona. Ma che cosa è raccontato prima e come continua il racconto?

Nel capitolo primo al versetto 2 leggiamo che il Signore ordina al profeta di andare a Ninive. Il profeta non dice nemmeno una parola, ma semplicemente si imbarca su una nave in partenza per una località che si  trova al confine occidentale del mondo conosciuto, invece di incamminarsi verso oriente dove appunto si trovava la capitale dell’Assiria. Nel v. 3, come se non bastasse, si legge per due volte la motivazione della scelta compiuta da Giona: voleva andare «lontano dal Signore».  Segue il racconto della tempesta, l’incredibile avventura con il mostro marino e il salvataggio insperato (capitolo 2).

Nella logica del racconto questa prima parte prepara la seconda che inizia appunto con il brano del capitolo 3 che abbiamo letto. È evidente l’intenzione dell’autore di presentare la brutta avventura vissuta dal protagonista come una lezione esemplare datagli da Dio che ripete l’ordine di andare a Ninive. Solo a questo punto il profeta ubbidisce senza fiatare.

Le prime parole che gli sono attribuite in questa seconda missione sono significative perché corrispondono alle aspettative del profeta: «Ninive sarà distrutta», ma ottengono un risultato opposto a quello che lui si aspettava: «Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece».

Che il profeta desiderasse la distruzione di Ninive non è stato detto apertamente finora dal racconto che però è costruito in modo tale da insinuarlo nel lettore. Nel c. 4 il nostro profeta diventa all’improvviso loquace e riversa contro Dio tutta la bile che aveva accumulato nel suo mutismo precedente. Non possiamo ora analizzare lo scambio di battute che rivela da una parte la bontà e la misericordia di Dio e dall’altra la grettezza astiosa e l’odio verso i nemici che continuavano ad animare il comportamento del profeta. È sufficiente ricordare il desiderio ripetuto tre volte: «Or dunque, Signore, toglimi la vita perché meglio è per me morire che vivere!» (4,3.8.9) per capire chi è il protagonista umano descritto magistralmente da un autore che vuole esaltare la misericordia di Dio.

Per ora mi basta aver evidenziato che il racconto biblico ci presenta un personaggio che ha sentimenti e comportamenti molto diversi da quelli che appaiono dalla lettura di alcuni versetti isolati dal contesto. Penso che sia evidente il fatto che usando fedelmente le parole della Bibbia si possa far dire alla Bibbia l’opposto di quello che effettivamente essa insegna.

A giustificazione della scelta operata dalla Liturgia, va detto che il messaggio centrale, “Dio è misericordioso” risulta anche dai pochi versetti proposti nella lettura, ma la forza dirompente del racconto biblico viene annacquata. La bontà di Dio verso i peccatori acquista un rilievo particolare dal contrasto con i sentimenti che animano il profeta.

Senza contare che isolando pochi versetti non si capisce nemmeno la motivazione che ha spinto un autore ebreo ad attribuire a un altro ebreo qualificato, comportamenti così odiosi fino a fargli raggiungere la bestemmia. Il dramma di un popolo lacerato da divisioni interne a motivo della sua fede, svanisce e lascia il posto ad una vicenda percepita come improbabile con il rischio di alimentare dubbi sulla veridicità delle pagine bibliche.

 Invece la situazione storica che ha dato origine a questo libretto straordinario della nostra Bibbia è rappresentata con realismo estremo e con una forza espressiva che si trova raramente in altri testi letterari, non solo della Bibbia.

Ma bisogna leggerlo per quello che è, liberandoci dai pregiudizi culturali che abbiamo ereditato da letture radicate nei secoli precedenti. Solo se riusciamo a capire perché sono state scritte certe pagine saremo in grado di comprenderne il significato e di coglierne il messaggio che continua ad essere valido anche ai giorni nostri.