MenuPagine

Benvenuti alla Scala dei Santi

EOLP - EuropeanOpenLearning Publisher
Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

giovedì 14 gennaio 2016

LE SORPRESE DELLA BIBBIA


LA BIBBIA A SORPRESA

La vecchia, cara Bibbia non finisce mai di stupire per la sua attualità. Viene fuori quando meno te l’aspetti e te la trovi davanti magari detta con parole diverse da quelle consacrate dalla tradizione e soprattutto vissuta ogni giorno perché considerata capace di dare suggerimenti concreti per la buona riuscita delle proprie attività.


Non è necessaria la consapevolezza di agire seguendo gli insegnamenti che vengono da tanto lontano. Anzi, l’assenza di riferimenti espliciti a testi particolari dimostra quanto sia profondo l’influsso esercitato da quelle parole cariche di saggezza nell’animo del popolo cristiano. Certamente l’impressione che tutti abbiamo è che si stia perdendo il legame tra Bibbia e vita quotidiana che una volta caratterizzava le nostre popolazioni. Ma basta anche solo una fiammata vivida per assicurarci che il fuoco è ancora acceso ed è sufficiente attizzarlo appena un poco perché torni a tutto il suo vigore.

Sono stati più o meno questi i sentimenti che ho provato la mattina di lunedì 11 gennaio di quest’anno quando ho letto sul Corriere della sera il titolo dell’intervista ad un campione di sci rilasciata dopo un incidente accaduto durante l’ultima discesa a 150 km l’ora.



Troppo bello per finire dimenticato insieme a tanti altri titoli drammatici o futili che riempiono le pagine dei nostri quotidiani.

Troppo invitante per un biblista che stava preparando la lezione che avrebbe tenuto il giorno dopo sul libro del Siracide. Verso la fine del capitolo 4 l’autore spiega perché la Sapienza si dimostra molto esigente con chi l’ha scelta come maestra.

«Chi confida in lei l’avrà in eredità, i suoi discendenti ne conserveranno il possesso.  Dapprima lo condurrà per vie tortuose, gli incuterà timore e paura, lo tormenterà con la sua disciplina, finché possa fidarsi di lui e lo abbia provato con i suoi decreti;  ma poi lo ricondurrà su una via diritta e lo allieterà, gli manifesterà i propri segreti» (4,16-18).

Vie tortuose, timore e paura, disciplina ferrea che può sembrare tortura: parole dure da mettere in pratica e oggi, per la cultura imperante, addirittura proibite, impronunciabili, culturalmente scorrette. E sarebbero davvero inaccettabili se non fosse anche scritto che la Sapienza è così rigida perché vuole rivelare i suoi segreti solo a persone di cui possa fidarsi, a gente dalle spalle robuste che deve essere ben allenata se vuole raggiungere traguardi prestigiosi.

Leggendo di vie tortuose, come non pensare alla pista sulla neve segnata dai paletti che possono diventare un trabocchetto fatale, proprio come capitato al nostro campione nell’ultima discesa trasformata in una sfida contro la paura. Ma il sogno del podio, la medaglia, gli applausi, il trionfo, la gloria, i premi procurano una scarica di adrenalina che fa dimenticare tutti i sacrifici, le rinunce, le sofferenze che potevano essere viste come crudeltà mentre invece erano la condizione necessaria per ottenere la vittoria.

Per Christof non è stato un evento isolato ma, come si legge nell’intervista, la preparazione severa alle gare fa parte essenziale della sua vita. Una disciplina dura è stata cercata e desiderata fin da bambino quando “per imparare” si rivolgeva alla maestra “cattiva”, ricordata però con riconoscenza.

Ora, non so se il campione di sci avesse in mente il testo del Siracide che si è affacciato alla memoria del biblista. Probabilmente no. Probabilmente non si ispirava nemmeno ad altri numerosi passi dove si ribadisce lo stesso concetto che guidava un padre a preparare i figli ad affrontare la vita dura a cui andavano incontro. Rimanendo nello stesso libro del Siracide troviamo una descrizione particolareggiata di un modello di educazione severa (30,1-13) in linea con il libro dei Proverbi (cap. 23).

Nel mondo occidentale di oggi nei metodi educativi è stata bandita, giustamente, ogni forma di violenza fisica. Però la tolleranza nell’educazione dei giovani sta producendo conseguenze drammatiche condannate ipocritamente da una società che non vuole riconoscere il fallimento dei suoi progetti. L’ultima invenzione è il “knockout game” allucinante per l’incoscienza di chi lo pratica e  per la superficialità di chi lo descrive come “ragazzata”.

Vi sono però alcuni settori della vita odierna impostati sull’osservanza di regole ferree, almeno in teoria. Si tratta di ambiti dove ciò che conta sono i risultati che si vogliono raggiungere, a qualunque costo. La ricerca scientifica, almeno in teoria, si presenta come molto esigente. L’economia, sempre in teoria, si fonda su principi rigidi che stritolano chi non li rispetta. Tra le discipline più severe spicca lo sport professionistico accettato dall’opinione pubblica senza discussioni, anche se sotto la spinta di grossi equivoci.

Basta vedere la corsa ad iscrivere i figli nelle palestre delle diverse specialità. Non si bada a spese, si sconvolgono gli orari, ci si sottopone a diete assurde, pur di permettere ai figli di realizzare il sogno di diventare campione in qualcosa e di fare molti soldi. E si è disposti anche a barare quando i risultati non arrivano o quando la fatica è diventata insopportabile e si ricorre al doping.

Esigenti fino all’esasperazione con lo sport e permissivi fino all’incoscienza quando si tratta di scuola (eccetto che si tratti di scuola di danza…). Si insegnano con metodi sofisticati tante cose belle e utili ma non si insegna a vivere nel rispetto di se stessi, degli altri e dell’ambiente.

Se contano i risultati in aspetti particolari della vita, dovrebbero contare anche per la vita stessa che li ingloba e conferisce valore e dignità. La Bibbia racconta i fallimenti di tanti personaggi e addirittura dell’umanità intera, ma insieme suggerisce anche come fare per raggiungere quella felicità che ci sfugge perché la cerchiamo nel modo sbagliato. Se un rimprovero ci fa aprire gli occhi e ci indica dove e come trovarla, accettiamolo e anzi sollecitiamo le “dritte” che ci vengono da chi la sa lunga sulla nostra vita.

Come ha fatto Christof Hinnerofer a cui auguro di ricevere pochi rimproveri e di farne tesoro per tagliare nuovi traguardi prestigiosi, non solo nello sci.




domenica 10 gennaio 2016

IL SORRISO DI DIO


QUANDO DIO SORRIDE

 

L’intuizione originale della religione descritta dalla Bibbia è la proibizione di usare le immagini per rappresentare Dio. Evidentemente il divieto riguarda le statue, i disegni ma non si riferisce all’uso di descrivere Dio attraverso le parole. Così troviamo che nella Bibbia si parla spesso del volto di Dio in generale e nei particolari: occhi, orecchie, bocca o anche, in altri contesti, di braccio o di mano. Sono tutte immagini verbali che esprimono la convinzione che Dio vede, sente, parla e agisce intervenendo nella vita dell’uomo.

Sarebbe sbagliato dare a queste descrizioni un senso fisico poiché è ben noto che nel modo di esprimersi, gli autori orientali preferivano usare le immagini piuttosto che ricorrere a concetti astratti. Così i numerosi riferimenti al volto nelle sue diverse espressioni vogliono interpretare il giudizio di Dio sui comportamenti dell’uomo. Un volto severo o adirato significa disapprovazione mentre un volto sereno o sorridente manifesta apprezzamento e condivisione gioiosa.

Sono sicuro che vi sono venute in mente le “faccine” che infestano i messaggi dei telefonini di ogni genere. Forse qualcuno giudicherà irriverente questo accostamento, ma non lo è. Non voglio dire che la Bibbia ha anticipato i tempi, ci mancherebbe altro! Forse però è vero che gli inventori del nuovo linguaggio iconico sono stati influenzati in qualche modo dalla comunicazione trasmessa dalla Bibbia. O forse, meglio ancora, che questo modo di comunicare è il più naturale, indipendentemente dalle tecniche usate.

Pensavo a cose del genere quando ho letto il testo degli auguri di buon anno che la liturgia cattolica ci ha fatto leggere nella messa del primo gennaio: “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace”.

Ma gli atteggiamenti del volto non sono altro che la risposta a situazioni o a comportamenti di fronte ai quali si reagisce manifestando i propri sentimenti. Non per niente le faccine sono chiamate “emoticon”, cioè icone o figure che rivelano emozioni.

E allora dobbiamo chiederci che cosa può spingere Dio a mostrare un volto “brillante” di gioia che esprima la sua profonda soddisfazione per qualcosa che lo ha reso felice? Quale è la realtà che lo ha ripagato in modo completo tanto da fargli esclamare: “Non aspetto altro da te. Mi hai dato tutto quello che mi dovevi: siamo in pace!”.

Non ci vuole molto a concludere che Dio mostra un volto gioioso e benevolo all’uomo che vive seguendo i suoi insegnamenti, che condivide il suo modo di valutare la realtà. L’antica preghiera di augurio pronunciata da Aronne sul popolo di Israele riportata nel libro dei Numeri (6,24-26) è rivolta a Dio ma in realtà riguarda gli uomini che non sono solo i destinatari della benedizione ma sono la causa da cui dipende l’atteggiamento del Signore.

Nella formula non è usato il termine diventato tecnico per indicare la decisione dell’uomo di vivere osservando i comandamenti, cioè “conversione”. Forse era ritenuto troppo limitativo ed escludente quei “novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” come dirà Gesù (Luca 15,7). Se il volto del Signore brilla di gioia particolare quando l’uomo si impegna sinceramente a seguire la volontà di Dio non vuol dire che non continui a guardare compiaciuto quelli che condividono il suo progetto con coerenza e costanza.

Per usare un’altra immagine moderna, possiamo pensare all’entusiasmo di un allenatore sportivo quando vede l’atleta che ha preparato ricevere il premio, frutto di tante fatiche condivise e di un impegno comune.

L’augurio che ci è stato fatto con le parole della Bibbia potrebbe dunque essere tradotto in quest’altro modo: “Ti auguro di comportarti nel prossimo anno così da rendere felice il tuo Dio che continuerà a darti tutta la sua assistenza”.

Il significato è lo stesso, però l’espressione prosaica non comunica l’emozione provocata dal volto di Dio che brilla di gioia perché è contento di me!

Giovanni Boggio

http://static.tecnocino.it/tcwww/fotogallery/625X0/61341/non-mi-piace.jpg

https://timenewsfeed.files.wordpress.com/2014/01/165552111.jpg?w=480&h=320&crop=1http://thumbs.dreamstime.com/z/emoticon-del-segno-v-27501931.jpg