Viviamo in clima di
propaganda elettorale permanente. Tra elezioni politiche, amministrative,
locali, nazionali, europee che si svolgono a casa nostra o nei paesi vicini
siamo sempre in attesa di vedere quanti saranno i votanti e come sarà l’esito
del voto. Né ci accontentiamo dei risultati finali, perché abbiamo inventato
gli exit-poll per intuire mezz’ora prima del comunicato ufficiale come saranno
i risultati definitivi. Se aggiungiamo qualche referendum di vario genere
completiamo un quadro che dimostra un’inquietudine di fondo rivelata dalla
frenesia del cambiamento.
Nei secoli passati i
governi generalmente non erano frutto di scelte elettorali. Monarchie basate su
dinastie familiari, dittature di vario tipo si alternavano alla guida di
popolazioni intere, considerate semplicemente come sudditi di un potere che
pretendeva di avere ricevuto un’investitura divina. Naturalmente questa
sacralità proclamata non impediva rivolte sanguinose contro chi abusava dell’autorità
né impediva intrighi e lotte spietate per occupare i posti di comando.
Nascevano così
iniziative per ottenere il consenso e il sostegno concreto di amici e
simpatizzanti fino a formare gruppi impegnati e organizzati. Erano i
progenitori dei nostri partiti che hanno definitivamente desacralizzato la
politica (ma sarà vero?) riducendola al ruolo di “lotta per il potere”. Potrà
sembrare una semplificazione eccessiva ma penso che le varianti a questo quadro
non lo modifichino di molto.
Anche la storia raccontata
dalla Bibbia rivela questa caratteristica che la rende tanto vicina alle
vicende di tutti i popoli. Eppure coloro che hanno raccolto e assemblato questi
ricordi del loro passato e tutti gli studiosi successivi per molti secoli,
hanno avuto la possibilità di confezionare un prodotto omogeneo che
rappresentasse quell’ideale di governo sognato e auspicato anche dagli altri
popoli. Ciò non è accaduto, e così ci troviamo di fronte a racconti che da una
parte esaltano il “buon gover
no” esercitato direttamente da Dio o affidato alle
cure sollecite di qualche fedelissimo “eletto” da Dio stesso come suo
rappresentante, dall’altra descrivono aspre lotte per il potere, intrighi di
corte, ambizioni, tradimenti, massacri.
Ammettiamo pure che
certi particolari agghiaccianti siano da attribuire al gusto (macabro) del
narratore, resta però il fatto che tutti i popoli hanno vissuto momenti di
crudeltà per la conquista del potere, sotto qualsiasi etichetta sia stato poi
presentato. Non conosciamo eccezioni.
Come si prepara una
rivolta politica
Riconosco che la
tentazione di citare brani della Bibbia traboccanti di violenza è molto forte. Però
lo hanno già fatto in molti con intenti polemici che mi sono estranei. Voglio
fermarmi ad un episodio non molto conosciuto ma che mette in luce un aspetto
che può sembrare anacronistico mentre invece descrive una situazione sempre
attuale. Preciso subito che in questo brano non c’è violenza, al contrario è
pervaso da un clima di amicizia, di condivisione, di solidarietà, di anelito
per la giustizia e la pace. In poche parole, sembra un raro caso di buonismo esemplare.
Ma è proprio così? Leggiamo il brano.
“1Ma dopo questo, Assalonne si procurò un carro, cavalli e
cinquanta uomini che correvano innanzi a lui. 2Assalonne si alzava la mattina presto e si
metteva da un lato della via di accesso alla porta della città. Quando qualcuno
aveva una lite e veniva dal re per il giudizio, Assalonne lo chiamava e gli
diceva: «Di quale città sei?». L’altro gli rispondeva: «Il tuo servo è di tale
e tale tribù d’Israele». 3Allora Assalonne gli diceva: «Vedi, le tue ragioni sono buone
e giuste, ma nessuno ti ascolta per conto del re». 4Assalonne aggiungeva: «Se facessero me
giudice del paese! Chiunque avesse una lite o un giudizio verrebbe da me e io
gli farei giustizia». 5Quando uno gli si accostava per prostrarsi davanti a lui, gli
porgeva la mano, l’abbracciava e lo baciava. 6Assalonne faceva così con tutti gli
Israeliti che venivano dal re per il giudizio; in questo modo Assalonne si
accattivò il cuore degli Israeliti” (2 Samuele 15,1-6).
Assalonne era uno dei tanti figli del re
Davide. Si distingueva tra i fratelli per le doti fisiche, descritte con
ammirazione ingenua da un suo sostenitore: “25Ora
in tutto Israele non vi era uomo bello che fosse tanto lodato quanto Assalonne;
dalla pianta dei piedi alla cima del capo non era in lui difetto alcuno. 26Quando si faceva tagliare i capelli – e se
li faceva tagliare ogni anno, perché la capigliatura gli pesava troppo e perciò
li tagliava –, egli pesava i suoi capelli e il peso era di duecento sicli al
peso del re. 27Ad
Assalonne nacquero tre figli e una figlia chiamata Tamar, che era donna di
bell’aspetto” (2
Samuele 14,25-27).
La consapevolezza delle proprie capacità aumentò le sue
ambizioni che lo portarono ad organizzare una ribellione contro il padre,
descritta con toni drammatici nei capitoli 13-19,1-6 del secondo libro di
Samuele. Il testo di 15,1-6 ci presenta la fase iniziale della rivolta, con quella
che noi chiameremmo “campagna elettorale” ben architettata e condotta con una
tecnica della comunicazione esemplare.
Per prima cosa si doveva creare un’opinione pubblica
favorevole all’aspirante al trono. Per ottenere questo era necessario poter disporre
di denaro per affrontare le spese che consistono essenzialmente nell’acquisto
di un carro nuovo per il candidato, nel procurare i cavalli per i
“cinquanta uomini che correvano innanzi a lui”, sguinzagliati nei diversi paesini del regno a cogliere l’umore della gente e, all’occorrenza, a soffiare sul fuoco della protesta per i torti subiti dai funzionari del potere. Naturalmente il candidato doveva provvedere al mantenimento dei “galoppini” del suo staff che lo avrebbero sostenuto con entusiasmo se fossero stati trattati bene.
Oltre al denaro,
l’aspirante rivoluzionario doveva spendere tutte le proprie energie
sottoponendosi a degli impegni stressanti. Mentre i suoi uomini convogliavano
verso la capitale le frotte degli scontenti, Assalonne li aspettava
pazientemente alla porta della città. Fermava i contestatori, si informava
della loro vita, si interessava dei loro problemi. Poi, con aria sconsolata
concludeva: “Avete ragione, ma nessuno vi ascolterà!”. E buttava lì con
studiata indifferenza la battuta risolutiva: “Se ci fossi io a comandare,
queste cose non succederebbero! Riconoscerei tutte le vostre ragioni!”.
Il gioco era fatto. I contestatori avevano trovato l’uomo
giusto, si sarebbero gettati ai suoi piedi per dimostrare la riconoscenza a chi
avrebbe risolto tutti i loro problemi. Ma Assalonne non lo permetteva, tendeva
loro la mano, li sollevava da terra, li abbracciava, li baciava come se fossero
dei vecchi amici. In questo modo – conclude il racconto – conquistò il cuore
degli Israeliti, disposti a non tener conto delle violenze che Assalonne aveva
già fatto commettere a servi che non erano nemmeno suoi sudditi (cf. 2 Samuele 13,23-29a; 14,28-33). Non
possiamo sapere se, una volta diventato re avrebbe davvero realizzato il
programma presentato ai suoi sostenitori. Il racconto biblico su di lui si
conclude con il ribelle rimasto sospeso ai rami di un albero a cui si erano
impigliati i lunghi capelli che erano motivo di vanto e di ammirazione (cf.
18,9-18), rendendolo così un facile bersaglio per le frecce dei suoi nemici.
In questo episodio non si tratta di
elezione del re ma di consenso popolare ottenuto con una strategia che non
sembra molto cambiata col passare dei secoli. Il punto di partenza è sempre
l’ambizione associata alla brama del potere, che sfruttano e alimentano il
malcontento diffuso tra il popolo al quale si fanno promesse mirabolanti che
sarà impossibile mantenere. Strette di mano, abbracci e baci, cene tra amici
(sconosciuti…) creano nella gente comune l’illusione di essere entrati nel
mondo dei “grandi” che, dopo aver ottenuto il consenso popolare, scordano i bei
programmi fatti balenare agli occhi degli ingenui.
La Bibbia conosce bene questa realtà e la racconta
impietosamente in diversi casi. Ho già ricordato in un post precedente il
cambiamento istituzionale che ha introdotto la monarchia nel popolo di Israele,
voluta con ostinazione dal popolo contro la volontà divina, interpretata
dall’ultimo dei Giudici, Samuele, che espone senza censure un giudizio negativo
sulla monarchia (cf. 1 Samuele 8,10-22).
La favola degli alberi parlanti
Un altro caso è davvero sorprendente in quanto presenta una
situazione che forse non si è mai realizzata nella storia: degli uomini che
rifiutano il potere che viene loro offerto! La cosa dev’essere stata ritenuta
umanamente impossibile tanto che l’autore la presenta come una favola i cui
protagonisti sono gli alberi. La vicenda, piuttosto complessa e cruenta, è
narrata nel libro dei Giudici al capitolo 9 ed ha come protagonista-vittima la
famiglia di Ierub-baal, cioè Gedeone, che contava più di settanta figli. Uno di
questi di nome Abimèlek (Mio padre è re), ottenne il consenso popolare alla sua
elezione a re e massacrò i suoi fratelli per non averli come concorrenti nell’esercizio
del potere.
Ma Iotam, il fratello più giovane, scampò alla strage e cercò
di bloccare la proclamazione a re del fratello. Stando a debita distanza,
interruppe la cerimonia di investitura invitando i sostenitori del fratello a
riflettere su quanto stavano per fare. E racconta la favola degli alberi che
vogliono avere un re. Offrono l’opportunità di diventarlo, prima di tutti
all’ulivo, che non accetta la proposta. Successivamente si rivolgono al fico
che risponde allo stesso modo, poi alla vite che dà la stessa risposta
negativa. Infine ricorrono al rovo, che accetta subito illustrando il suo
programma di governo fatto di promesse e minacce (Giudici 97-21).
I riferimenti a quanto accadeva tra gli uomini erano evidenti
e il giovane riuscì a non essere la prima vittima del nuovo re suo fratello,
solo grazie alla distanza di sicurezza dalla quale aveva gridato il suo inutile
appello e che gli permise di dileguarsi senza danni.
Iotam stando a grande distanza....
gridò: "Gli alberi si misero in cammino"
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Le motivazioni portate per giustificare il rifiuto sono
scandite volutamente con le stesse formule: “rinuncerò al mio olio… rinuncerò
alla mia dolcezza… rinuncerò al mio mosto”, prodotti utili e piacevoli di cui
potranno godere solo i re che in cambio “si agiteranno” sugli altri alberi
senza portare alcun frutto utile. Immagine straordinariamente efficace per
descrivere la vuotezza del lusso e delle solenni cerimonie di corte. Al
contrario, il rovo accetta subito la proposta pur non potendo agitarsi su altri
vegetali essendo capace di produrre soltanto spine che strappano i vestiti e
lacerano la pelle facendone uscire il sangue. Si dimostra così non solo
inutile, ma anche dannoso.
In nessuno di questi
testi, come nel resto della Bibbia, si parla di elezioni a suffragio
universale, concetto del tutto anacronistico, però in tutti si cerca il
sostegno della gente comune sfruttando i malumori prodotti dai gravami imposti
dai governanti precedenti e si promette un futuro migliore. La solita trappola,
lo specchietto per le allodole che continua ad affascinare e incantare le folle.
Potrà sembrare strano, ma sta scritto proprio nella Bibbia,
nel tanto snobbato “Vecchio” Testamento!
Caro padre Giovanni, leggendo questo ultimo post mi vengono in mente due considerazioni. La prima è che io credevo di aver letto tutta la Bibbia, ma ogni tanto scopro nuovi episodi che evidentemente avevo letto distrattamente (mea culpa). La seconda considerazione è che niente é cambiato nella storia dell'uomo. Questo mi rende molto triste perché mi fa perdere la speranza che il mondo possa migliorare...
RispondiEliminaTrovo molto interessante lo studio della Bibbia, anche per i motivi che hai evidenziato. E' davvero una miniera inesauribile che te la fa sentire come se fosse sempre nuova. Certamente una lettura superficiale non porta alle stesse conclusioni, ma leggendola con l'atteggiamento corretto, funziona, e come! La seconda osservazione che fai nasce certamente dal confronto con la nostra realtà e potrebbe portare ad un certo pessimismo se non trovassimo già nella stessa Bibbia risposte chiare agli stessi problemi nostri. C'è un libro intero che dibatte questo tema, il caro Qohèlet, che sa anche sorriderci sopra e ironizzare. Tutta la Bibbia ci chiede solo di essere presa sul serio, senza paure. E' quanto cerchiamo di fare nei nostri incontri che ci lasciano sempre la certezza che l'ultima parola la dirà il Bene, la Vita, come ha dimostrato Gesù agli Apostoli con la sua Risurrezione.
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