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Scuola on line: Introduzione allo studio della Bibbia

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

Gli insegnamenti di Don Giovanni Boggio (Biblista)

sabato 13 maggio 2017

PROPAGANDA ELETTORALE ANCHE NELLA BIBBIA?


Viviamo in clima di propaganda elettorale permanente. Tra elezioni politiche, amministrative, locali, nazionali, europee che si svolgono a casa nostra o nei paesi vicini siamo sempre in attesa di vedere quanti saranno i votanti e come sarà l’esito del voto. Né ci accontentiamo dei risultati finali, perché abbiamo inventato gli exit-poll per intuire mezz’ora prima del comunicato ufficiale come saranno i risultati definitivi. Se aggiungiamo qualche referendum di vario genere completiamo un quadro che dimostra un’inquietudine di fondo rivelata dalla frenesia del cambiamento.

Nei secoli passati i governi generalmente non erano frutto di scelte elettorali. Monarchie basate su dinastie familiari, dittature di vario tipo si alternavano alla guida di popolazioni intere, considerate semplicemente come sudditi di un potere che pretendeva di avere ricevuto un’investitura divina. Naturalmente questa sacralità proclamata non impediva rivolte sanguinose contro chi abusava dell’autorità né impediva intrighi e lotte spietate per occupare i posti di comando.
Nascevano così iniziative per ottenere il consenso e il sostegno concreto di amici e simpatizzanti fino a formare gruppi impegnati e organizzati. Erano i progenitori dei nostri partiti che hanno definitivamente desacralizzato la politica (ma sarà vero?) riducendola al ruolo di “lotta per il potere”. Potrà sembrare una semplificazione eccessiva ma penso che le varianti a questo quadro non lo modifichino di molto.
Anche la storia raccontata dalla Bibbia rivela questa caratteristica che la rende tanto vicina alle vicende di tutti i popoli. Eppure coloro che hanno raccolto e assemblato questi ricordi del loro passato e tutti gli studiosi successivi per molti secoli, hanno avuto la possibilità di confezionare un prodotto omogeneo che rappresentasse quell’ideale di governo sognato e auspicato anche dagli altri popoli. Ciò non è accaduto, e così ci troviamo di fronte a racconti che da una parte esaltano il “buon gover
no” esercitato direttamente da Dio o affidato alle cure sollecite di qualche fedelissimo “eletto” da Dio stesso come suo rappresentante, dall’altra descrivono aspre lotte per il potere, intrighi di corte, ambizioni, tradimenti, massacri.
Ammettiamo pure che certi particolari agghiaccianti siano da attribuire al gusto (macabro) del narratore, resta però il fatto che tutti i popoli hanno vissuto momenti di crudeltà per la conquista del potere, sotto qualsiasi etichetta sia stato poi presentato. Non conosciamo eccezioni. 

Come si prepara una rivolta politica
Riconosco che la tentazione di citare brani della Bibbia traboccanti di violenza è molto forte. Però lo hanno già fatto in molti con intenti polemici che mi sono estranei. Voglio fermarmi ad un episodio non molto conosciuto ma che mette in luce un aspetto che può sembrare anacronistico mentre invece descrive una situazione sempre attuale. Preciso subito che in questo brano non c’è violenza, al contrario è pervaso da un clima di amicizia, di condivisione, di solidarietà, di anelito per la giustizia e la pace. In poche parole, sembra un raro caso di buonismo esemplare. Ma è proprio così? Leggiamo il brano.
1Ma dopo questo, Assalonne si procurò un carro, cavalli e cinquanta uomini che correvano innanzi a lui. 2Assalonne si alzava la mattina presto e si metteva da un lato della via di accesso alla porta della città. Quando qualcuno aveva una lite e veniva dal re per il giudizio, Assalonne lo chiamava e gli diceva: «Di quale città sei?». L’altro gli rispondeva: «Il tuo servo è di tale e tale tribù d’Israele». 3Allora Assalonne gli diceva: «Vedi, le tue ragioni sono buone e giuste, ma nessuno ti ascolta per conto del re». 4Assalonne aggiungeva: «Se facessero me giudice del paese! Chiunque avesse una lite o un giudizio verrebbe da me e io gli farei giustizia». 5Quando uno gli si accostava per prostrarsi davanti a lui, gli porgeva la mano, l’abbracciava e lo baciava. 6Assalonne faceva così con tutti gli Israeliti che venivano dal re per il giudizio; in questo modo Assalonne si accattivò il cuore degli Israeliti” (2 Samuele 15,1-6).
Assalonne era uno dei tanti figli del re Davide. Si distingueva tra i fratelli per le doti fisiche, descritte con ammirazione ingenua da un suo sostenitore: “25Ora in tutto Israele non vi era uomo bello che fosse tanto lodato quanto Assalonne; dalla pianta dei piedi alla cima del capo non era in lui difetto alcuno. 26Quando si faceva tagliare i capelli – e se li faceva tagliare ogni anno, perché la capigliatura gli pesava troppo e perciò li tagliava –, egli pesava i suoi capelli e il peso era di duecento sicli al peso del re. 27Ad Assalonne nacquero tre figli e una figlia chiamata Tamar, che era donna di bell’aspetto” (2 Samuele 14,25-27).
La consapevolezza delle proprie capacità aumentò le sue ambizioni che lo portarono ad organizzare una ribellione contro il padre, descritta con toni drammatici nei capitoli 13-19,1-6 del secondo libro di Samuele. Il testo di 15,1-6 ci presenta la fase iniziale della rivolta, con quella che noi chiameremmo “campagna elettorale” ben architettata e condotta con una tecnica della comunicazione esemplare.
Per prima cosa si doveva creare un’opinione pubblica favorevole all’aspirante al trono. Per ottenere questo era necessario poter disporre di denaro per affrontare le spese che consistono essenzialmente nell’acquisto di un carro nuovo per il candidato, nel procurare i cavalli per i

“cinquanta uomini che correvano innanzi a lui”, sguinzagliati nei diversi paesini del regno a cogliere l’umore della gente e, all’occorrenza, a soffiare sul fuoco della protesta per i torti subiti dai funzionari del potere. Naturalmente il candidato doveva provvedere al mantenimento dei “galoppini” del suo staff che lo avrebbero sostenuto con entusiasmo se fossero stati trattati bene.
Oltre al denaro, l’aspirante rivoluzionario doveva spendere tutte le proprie energie sottoponendosi a degli impegni stressanti. Mentre i suoi uomini convogliavano verso la capitale le frotte degli scontenti, Assalonne li aspettava pazientemente alla porta della città. Fermava i contestatori, si informava della loro vita, si interessava dei loro problemi. Poi, con aria sconsolata concludeva: “Avete ragione, ma nessuno vi ascolterà!”. E buttava lì con studiata indifferenza la battuta risolutiva: “Se ci fossi io a comandare, queste cose non succederebbero! Riconoscerei tutte le vostre ragioni!”.
Il gioco era fatto. I contestatori avevano trovato l’uomo giusto, si sarebbero gettati ai suoi piedi per dimostrare la riconoscenza a chi avrebbe risolto tutti i loro problemi. Ma Assalonne non lo permetteva, tendeva loro la mano, li sollevava da terra, li abbracciava, li baciava come se fossero dei vecchi amici. In questo modo – conclude il racconto – conquistò il cuore degli Israeliti, disposti a non tener conto delle violenze che Assalonne aveva già fatto commettere a servi che non erano nemmeno suoi sudditi (cf. 2 Samuele 13,23-29a; 14,28-33). Non possiamo sapere se, una volta diventato re avrebbe davvero realizzato il programma presentato ai suoi sostenitori. Il racconto biblico su di lui si conclude con il ribelle rimasto sospeso ai rami di un albero a cui si erano impigliati i lunghi capelli che erano motivo di vanto e di ammirazione (cf. 18,9-18), rendendolo così un facile bersaglio per le frecce dei suoi nemici.
In questo episodio non si tratta di elezione del re ma di consenso popolare ottenuto con una strategia che non sembra molto cambiata col passare dei secoli. Il punto di partenza è sempre l’ambizione associata alla brama del potere, che sfruttano e alimentano il malcontento diffuso tra il popolo al quale si fanno promesse mirabolanti che sarà impossibile mantenere. Strette di mano, abbracci e baci, cene tra amici (sconosciuti…) creano nella gente comune l’illusione di essere entrati nel mondo dei “grandi” che, dopo aver ottenuto il consenso popolare, scordano i bei programmi fatti balenare agli occhi degli ingenui.
La Bibbia conosce bene questa realtà e la racconta impietosamente in diversi casi. Ho già ricordato in un post precedente il cambiamento istituzionale che ha introdotto la monarchia nel popolo di Israele, voluta con ostinazione dal popolo contro la volontà divina, interpretata dall’ultimo dei Giudici, Samuele, che espone senza censure un giudizio negativo sulla monarchia (cf. 1 Samuele 8,10-22). 

La favola degli alberi parlanti
Un altro caso è davvero sorprendente in quanto presenta una situazione che forse non si è mai realizzata nella storia: degli uomini che rifiutano il potere che viene loro offerto! La cosa dev’essere stata ritenuta umanamente impossibile tanto che l’autore la presenta come una favola i cui protagonisti sono gli alberi. La vicenda, piuttosto complessa e cruenta, è narrata nel libro dei Giudici al capitolo 9 ed ha come protagonista-vittima la famiglia di Ierub-baal, cioè Gedeone, che contava più di settanta figli. Uno di questi di nome Abimèlek (Mio padre è re), ottenne il consenso popolare alla sua elezione a re e massacrò i suoi fratelli per non averli come concorrenti nell’esercizio del potere.
Ma Iotam, il fratello più giovane, scampò alla strage e cercò di bloccare la proclamazione a re del fratello. Stando a debita distanza, interruppe la cerimonia di investitura invitando i sostenitori del fratello a riflettere su quanto stavano per fare. E racconta la favola degli alberi che vogliono avere un re. Offrono l’opportunità di diventarlo, prima di tutti all’ulivo, che non accetta la proposta. Successivamente si rivolgono al fico che risponde allo stesso modo, poi alla vite che dà la stessa risposta negativa. Infine ricorrono al rovo, che accetta subito illustrando il suo programma di governo fatto di promesse e minacce (Giudici 97-21).
I riferimenti a quanto accadeva tra gli uomini erano evidenti e il giovane riuscì a non essere la prima vittima del nuovo re suo fratello, solo grazie alla distanza di sicurezza dalla quale aveva gridato il suo inutile appello e che gli permise di dileguarsi senza danni.
Iotam stando a grande distanza....
gridò: "Gli alberi si misero in cammino"
Le motivazioni portate per giustificare il rifiuto sono scandite volutamente con le stesse formule: “rinuncerò al mio olio… rinuncerò alla mia dolcezza… rinuncerò al mio mosto”, prodotti utili e piacevoli di cui potranno godere solo i re che in cambio “si agiteranno” sugli altri alberi senza portare alcun frutto utile. Immagine straordinariamente efficace per descrivere la vuotezza del lusso e delle solenni cerimonie di corte. Al contrario, il rovo accetta subito la proposta pur non potendo agitarsi su altri vegetali essendo capace di produrre soltanto spine che strappano i vestiti e lacerano la pelle facendone uscire il sangue. Si dimostra così non solo inutile, ma anche dannoso.
In nessuno di questi testi, come nel resto della Bibbia, si parla di elezioni a suffragio universale, concetto del tutto anacronistico, però in tutti si cerca il sostegno della gente comune sfruttando i malumori prodotti dai gravami imposti dai governanti precedenti e si promette un futuro migliore. La solita trappola, lo specchietto per le allodole che continua ad affascinare e incantare le folle.
Potrà sembrare strano, ma sta scritto proprio nella Bibbia, nel tanto snobbato “Vecchio” Testamento!


2 commenti:

  1. Caro padre Giovanni, leggendo questo ultimo post mi vengono in mente due considerazioni. La prima è che io credevo di aver letto tutta la Bibbia, ma ogni tanto scopro nuovi episodi che evidentemente avevo letto distrattamente (mea culpa). La seconda considerazione è che niente é cambiato nella storia dell'uomo. Questo mi rende molto triste perché mi fa perdere la speranza che il mondo possa migliorare...

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    1. Trovo molto interessante lo studio della Bibbia, anche per i motivi che hai evidenziato. E' davvero una miniera inesauribile che te la fa sentire come se fosse sempre nuova. Certamente una lettura superficiale non porta alle stesse conclusioni, ma leggendola con l'atteggiamento corretto, funziona, e come! La seconda osservazione che fai nasce certamente dal confronto con la nostra realtà e potrebbe portare ad un certo pessimismo se non trovassimo già nella stessa Bibbia risposte chiare agli stessi problemi nostri. C'è un libro intero che dibatte questo tema, il caro Qohèlet, che sa anche sorriderci sopra e ironizzare. Tutta la Bibbia ci chiede solo di essere presa sul serio, senza paure. E' quanto cerchiamo di fare nei nostri incontri che ci lasciano sempre la certezza che l'ultima parola la dirà il Bene, la Vita, come ha dimostrato Gesù agli Apostoli con la sua Risurrezione.

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